Eurovision 2023, il riassuntone della seconda semifinale
Conclusa anche la seconda semifinale, abbiamo ottenuto finalmente i risultati che ci permettono di conoscere il plotone completo delle 26 proposte che ascolteremo poi sabato. Ma prima soffermiamoci sullo show in generale:
Non capisco perché ma la seconda semifinale è quella che a livello di interval act è la più moscia o “facciamola tanto per farla”, ricordo a stento quella di Torino perché era organizzata in casa, ma non ricordo NULLA delle altre edizioni, e persino per Liverpool sono con Wikipedia e YouTube sottomano perché altrimenti non saprei che scrivere.
L’opening act è come se non ci fosse mai stato, mentre ho apprezzato l’interval act a stampo ucraino di “Music unites generations”, è stato bellissimo vedere ex rappresentanti ucraini come Mariya Yaremchuk e Zlata Dziunka. Un po’ caotico (ma è lo stile che lo richiede) è stato l’interval act delle drag queen, anche se potevano scegliere un’altra canzone al posto di quella schifezza di “We got love” di Jessica Mauboy, secondo peggior risultato dell’Australia all’Eurovision, nonché un sonoro ultimo posto all’Eurovision.
Ed ora giungiamo alla parte più corpulenta dell’articolo, ovvero le impressioni sui sei Paesi che non ce l’hanno fatta a passare il turno e dunque a passare in finale.
DANIMARCA – Reiley –“Breaking my heart”
Se all’inizio avevo potenzialmente pensato alla Danimarca come qualificata “random” da inserire in finale, con questa ennesima esibizione debole direi proprio che la Danimarca ha toccato il fondo. Ho parlato in lungo ed in largo di come questa attitudine della Danimarca di mandare robe neanche mediocri, ma proprio inutili, distrugge solo la reputazione del contest e distorce anche il modo in cui il pubblico danese voti (tanto alla fine loro sono l’esempio eclatante di come uno stato satellite vota per tutti i suoi vicini). Se togliamo “Higher ground” e “Only teardrops” l’ultimo brano potenzialmente competitivo risale al 2011. Magari questa terza eliminazione consecutiva in semifinale (qualcosa che non era mai accaduto alla Danimarca) li può far svegliare. 4/10
ROMANIA – Theodor Andrei –“D.G.T (Off and on)”
Non c’è molto da dire su questo brano, se non che la televisione rumena ha spontaneamente mandato sto povero ragazzo nella fossa dei leoni, con un brano brutto in culo ed esibito davvero male. Il mio timore più grande è che dopo questo ennesimo tonfo possano abbandonare l’Eurovision per sempre. 4/10
ISLANDA – Diljà –“Power”
Ce l’ha messa tutta, ha cantato molto bene ma il brano era quello che è e non si poteva fare tanto di più. Anche qui un gran peccato perché le condizioni per farcela per il rotto della cuffia c’erano eccome, ma puntare su un ledwall anonimo con i fiorellini ed un’atmosfera così scura ha giocato contro un Paese che veniva da tre qualificazioni di fila di cui una totalmente insperata. Speriamo in un ritorno infuocato per l’anno prossimo, perché l’Islanda merita e anche tanto. 6/10
GRECIA – Victor Vernicos –“What they say”
Anche qui non è che ci sia più di tanto da dire, il brano era già poca roba, noioso e non memorabile, poi lo staging è stato Victor che saltellava da una parte all’altra. Nel pre-contest era uno di quei brani che ascoltavo e mi chiedevo di quale Paese fosse perché facevo seriamente fatica a ricordarmela (e chi mi conosce un minimo sa quanto ascolto le playlist a tema Eurovision). Anche per lui prevedo tanti guai in vista, sia perché si è bruciato la carriera a 16 anni e sia perché la televisione greca ha fatto dei casini inimmaginabili per cui andrà a processo a partire da domani. 4/10
GEORGIA – Iru Khechanovi –“Echo”
Se all’inizio mi chiedevo come fosse possibile che la Georgia non si fosse qualificata ANCORA dopo un brano maestoso che avevano preparato e presentato con grandi aspettative, ma a mente fredda ci sono stati più di un segnale che hanno dichiarato la morte prematura del percorso della Georgia all’Eurovision. Il primo è che di per sé il brano era ripetitivo, dunque le urla di Iru per quanto ben eseguite erano a rischio sbadiglio per lo spettatore che la conosceva verosimilmente per la prima volta, il secondo è che uno staging così spoglio e delle inquadrature così polverose e bloccate che hanno reso il tutto ancora più noioso. E mi dispiace ripeto perché le possibilità concrete di fare bene c’erano eccome, ma ciò non è bastato. 6/10
SAN MARINO – Piqued Jacks –“Like an animal”
Ormai scrivere qualunque cosa su di loro equivale a sparare sulla croce rossa. Hanno portato a casa un’esibizione dignitosissima, peccato per il brano poco memorabile e per delle proposte simili ma più forti nella stessa semifinale, ovvero Slovenia e Australia, che hanno fagocitato in pieno la loro proposta. Resta comunque uno degli stage migliori per un microstato che in 15 anni ha cercato con tutte le sue forze di essere presente. 7/10