Eurovision 2023, le canzoni (parte 5)
A differenza dell’anno scorso, quest’anno hanno tutti quanti rivelato il brano in tempi umani e soprattutto senza attendere tempi biblici ridicoli per partorire dei topolini. Con la Georgia che ha pubblicato il 16 marzo abbiamo finalmente tutti i brani di questo Eurovision 2023, un’edizione che con le ultime entries si è salvata in corner dall’essere l’edizione peggiore degli ultimi 15 anni. Le mie impressioni sull’anno in generale, ed anche di come sono andate sia le selezioni interne che quelle pubbliche, faranno parte di un articolo a parte, per ora concentriamoci su quest’ultima tranche di brani in gara.
Austria – Teya & Salena – Who the hell is Edgar? - 8.2/10
Quando è stato pubblicato a gennaio uno snippet da un misterioso account Twitter il mondo intero (incluso il sottoscritto) l’ha perculato, invece ora è amata da tutti, incluso il sottoscritto. Dalla sua ha il grande vantaggio di essere un brano geniale, una critica feroce al sistema musicale odierno che favorisce le major e i cantanti uomini big, creando un circolo elitario che esclude di fatto gli indipendenti. Tante anche le critiche verso Spotify e le remunerazioni infime con le quali tutto ciò che si può permettere è uno champagne del discount (dopo due anni) per festeggiare.
Parliamo dell’Austria e non di un Paese del centro est Europa, ed è per questo che dico che ha il potenziale di arrivare sul podio se si giocano bene le carte (performance eccellente e creazione di un momentum), e lo spero davvero perché è ciò che si meritava Konstrakta lo scorso anno.
Regno Unito – Mae Muller – I wrote a song - 6/10
Il Regno Unito ha deciso di voler ritornare ai piani bassi della classifica per avere la certezza di non doversi più esaurire insieme a Martin Osterdahl per ospitare un’altra volta un Eurovision in piena guerra con l’inflazione alle stelle e la necessità di guadagnare anche sull’aria che si respira. Ed è per questo che hanno scelto Mae Muller con una canzone davvero bruttina, mille passi indietro a ciò che è stato Sam Ryder l’anno scorso, e se lui è arrivato solo quinto al televoto con la performance della vita di certo non capiterà lo stesso a Mae Muller (anche se una top 13 con le giurie la può raggiungere)
Portogallo – Mimicat – Ai coracao - 7.25/10
Avevano altre scelte in Portogallo che avrei preferito, ma anche Mimicat è una scelta onestissima che li riporterà per il terzo anno di fila in finale (un miracolo se si pensa che il Portogallo ha sempre fatto tantissima fatica) e lo farà soprattutto con un brano interamente in portoghese (che non accade dal 2018). La performance è davvero frizzante e “portoghese” nel senso più buono che c’è, non concorrerà per i piani alti della classifica ma già solo qualificarsi sarebbe un grande risultato per il Portogallo, specie vista la semifinale in cui è posizionato.
Svezia – Loreen – Tattoo - 7.2/10
Da quando è stato rilasciato il brano era chiaro come il sole che avrebbe vinto lei, a maggior ragione quando si è vista la performance (molto ben studiata). Ascoltando e soffermandosi solo sulla canzone c’è da dire che è un brano prodotto in maniera eccellente, c’è la mano di Cazzi Opeia e si sente, ma manca di qualcosa. Potrebbe tranquillamente essere la vincitrice scontata ma tutto è ancora da vedere, soprattutto per quanto riguarda il gigantesco led che è parte integrante della coreografia.
Grecia – Victor Vernicos – What they say - 5.3/10
Vi dirò, tutta sta attesa si è rivelata il più grande bluff della storia della Grecia all’Eurovision. Tra una denuncia e l’altra è venuto fuori un brano terribilmente noioso e anonimo, una chitarrina ed una voce alla Lewis Capaldi (imbruttita) non fanno una bella canzone. Vuoi per il fatto che è uscita da poco ma è il brano che ho ascoltato meno di tutti finora. Fuori dalla finale senza neanche troppi convenevoli.
Azerbaigian – TuralTuranx – Tell me more - 5/10
Anche qui, grande attesa inutilmente annichilita da un brano che potrebbe essere una qualunque traccia 7 dell’album più brutto della band britpop più scarsa di tutte nata con la sola funzione di emulare Oasis e Blur. Detto da una persona che ha come sfondo del telefono la copertina di “What’s the story morning glory”, vi ringrazio Azerbaigian ma no. E le chance di finale stavolta, con il solo televoto, sono davvero zero.
Armenia – Brunette – Future lover - 7.1/10
Ammetto che mi aspettavo qualcosa di diverso e con molto più armeno nelle strofe invece che un semplice rigetto sul bridge finale, ma il risultato è più che degno. Una ballad orchestrale con inserti rap era il tocco identitario che ci voleva da un’Armenia che vuole confermare la propria finale e che soprattutto verrà accolta come la patria di uno dei più grandi successi del 2022, ovvero “Snap”. È evidente che Tserunyan vuole portare quel concorso a Yerevan a tutti i costi anche viste la sua scalata nelle posizioni che contano all’interno di EBU, ma magari non è ancora il momento adatto, con una guerra in corso sia nel Paese che non troppo distante da esso.
Georgia – Iru Khechanovi - Echo - 7.3
Un brano della madonna, e ci voleva assolutamente dalla Georgia, visto anche il solidissimo nucleo di autori dietro di esso. “Echo” infatti è stata scritta interamente dal dream team che ha reso la Georgia allo Junior Eurovision una macchina da guerra indistruttibile. La grande pecca di questo brano è il testo, e non lo dico perché gli altri testi parlino di filosofia analitica ma perché davvero ci sono degli erroracci da penna rossa che non rendono neanche lontanamente comprensibile il testo. Questo potrebbe far voltare le spalle a molte giurie “occidentali”, ma di fatto ha potenzialmente tutto il centro est dalla sua parte, di conseguenza una top 10 è facilmente raggiungibile a mio parere, anche viste le eccellenti doti vocali di Iru.
Nella malaugurata occasione in cui non riuscissero ad entrare in top 10 sarebbe comunque un enorme risultato anche solo un posto in finale, che la Georgia non ottiene dal lontanissimo 2016, un po’ per colpa di un televoto non sempre avvezzo a sperimentazioni ed un po’ per colpa della Georgia stessa che ha portato il concetto della “particolarità” agli ESTREMI, diventando una barzelletta che non faceva ridere.